02/05/05 - Traduzione di Sonia
Roccazzella del diary di Joey
VIAGGIO DA CHICAGO A
DETROIT
di Joey Tempest - dal sito ufficiale www.europetheband.com
(sezione TOUR – DIARY)
«Detroit
28 aprile 2005
La scorsa notte abbiamo suonato in un rock pub nella città di Detroit e potrei
giurare di aver visto Jimmy Hoffa in piedi in un angolo della sala fumatori o
perlomeno il suo fantasma. Ma potrebbe essere che i miei occhi mi abbiano
giocato un bello scherzo. Siamo stati in viaggio sulla strada per un bel po’
e ora le cose possono sembrare un po’ offuscate.
C’è un forte sentimento per
Detroit, lo deduco da quello che è successo durante gli anni in cui ha
lasciato il suo segno. La città forniva tutta l’America con automobili e
quelle industrie dovevano dare alla città tanto orgoglio e tante opportunità
per un sacco di persone e per il business. Così quando molte fabbriche
vennero chiuse, devono essere stati momenti molto duri.
Ci sono stati molti artisti
che son venuti fuori da questo posto durante gli anni, Bob Seger per esempio.
Il motivo per cui lo cito è perché una delle mie band preferite, i Thin
Lizzy, hanno fatto una sua cover, “Rosalie”. Erano soliti suonare live quela
canzone. Phil Lynnot, da quello che ho capito, amava le band americane e una
in particolare era “ZZ top”. Naturalmente mi viene in mente MC5 e penso che
anche Iggy Pop venga fuori proprio da Detroit. E potete dire quello che
volete su Eminem, ma lui è un diavolo di “costruttore” di parole e un vero
intrattenitore. Ci sono ancora molte bands e artisti che sono usciti da
Detroit e uno dei motivi per cui la mia generazione conosce questa città è
per la canzone “Detroit rock city” by $immons/Stanley.
Il nostro show a Detroit ha finito con l’essere uno di quei piccoli ma sudati
concerti rock che hanno quel qualcosa in più. Il posto era piccolo; la folla
presente era molto raccolta. In queste condizioni non c’è molto spazio per lo
show delle luci o per un sistema audio molto sofisticato. Un modo di
comunicare molto intimo e senza artifici e tu vieni trasportato in un altro
mondo dove nient’altro conta, tutti i pensieri e le preoccupazioni che puoi
avere spariscono semplicemente. Così è come io voglio che la musica e i
concerti siano.
Un paio di giorni fa siamo
arrivati nell’Illinois dopo un lungo viaggio
dalla California con il ricordo dell’attraversamento del fiume Missisipi
ancora vivo nella mia mente. “ll fiume di sangue del blues” come qualcuno lo
chiama. Appena abbiamo cominciato a girare per Chicago abbiamo parlato dei
Delta Blues e del blues di Chicago. Ci sono stati un sacco di grandi cantanti
e band venute fuori da questa parte del Paese durante questi anni. Muddy
Waters, per esempio, che originariamente veniva fuori dalla zona del Delta, è
stato chiamato “il padre del blues di Chicago”. È stato riconosciuto come
colui che ha elettrificato il blues... quando lui inseriva la sua chitarra in
un amplificatore per coprire i rumori della città di Chicago.
E Robert Johnson! Molti di voi potrebbero averlo già sentito. La storia dice
che lui ha fatto un patto col diavolo e in cambio ha avuto il potere di
suonare la chitarra e cantare il blues come nessun altro. È morto all’età di
28 anni e si crede sia stato avvelenato da qualcuno che ha corretto il suo
whiskey con stricnina. Si dice che Robert flirtava con troppe donne e alla
fine questo ha avuto la meglio su di lui. Questa naturalmente è solo la sua
reputazione di uomo. La verità è che Robert Johnson è probabilmente il
bluesman più influente di tutti i tempi e la persona più responsabile per la
forma che la musica pop ha assunto negli ultimi 6 decenni.
E certamente non puoi parlare di musica e Chicago senza
menzionare il grande BB King. Il suo modo di suonare e cantare è veramente
sbalorditivo. E io amo il modo come canta e interpreta il brano “When love
comes to town” nel film degli U2 ”Rattle and Hum”.
Le bands britanniche come i Beatles, i Rolling Stones, i Led Zeppelin,
Eric Clapton e bands relativamente
nuove come gli U2 e i Red Hot Chili Peppers non avrebbero potuto ottenere le
loro caratteristiche musicali senza l’ispirazione che hanno avuto da questo
genere di musica americana.
Nel nostro camerino prima
dello show a Chicago, Mic ha messo su vecchi dischi di Howlin’ Wolf e Robert
Johnson per tenerci su col morale.
Parlando degli U2, nel 1987 stavamo al Sunset Marquee a Los Angeles pronti
per il The Final Countdown tour. Un
giovane ragazzo, con un look molto cool andava incontro a Ian per fargli i
complimenti per il nuovo album degli Europe! Ian stava leggendo un giornale e
casualmente alza lo sguardo giusto per dire “Grazie!” e poi ritornare a
leggere il suo giornale. Ora! Può non essere stato così rude, ma il suo
cevello infernale non stava funzionando correttamente. Per una ragione o per
un’altra non si è ricordato che quello che gli aveva parlato fosse il
batterista degli U2. Più tardi Bono e The Edge camminavano per la lobby e
hanno cominciato a parlare con Larry. Poi finalmente le cose son venute allo
scoperto. Persino una persona non convenzionale come Haugland si è sentito un
po’ imbarazzato. GliU2 stavano nel nostro stesso hotel mentre registravano
per “Rattle and Hum”.
L’House of Blues di Chicago deve essere uno dei posti più cool dove suonare.
Pensavo che l’ HOB di Los Angeles fosse un grande posto dove suonare, ma
quello di Chicago ha davvero avuto un impatto maggiore su di noi. È un bellissimo posto su 3 piani con
balconi molto adornati e riesci davvero a rilassarti in quegli enormi sofà in
quei decoratissimi camerini stile funky. Il pubblico di Chicago ci ha accolti
a braccia aperte; siamo stati via tanto tempo ed è stato grande ricevere
quell’affetto.
Il mio cuore andava a John Leven
durante l’ultimo show. Stava male, con febbre alta e forte mal di gola. Lo
tenevo d’occhio costantemente sul palco, con la paura che crollasse, ma ha
tenuto duro e ha suonato alla grande. Questa mattina dice di stare meglio, si
tiene su con ogni sorta di medicina.
Stasera suoneremo all’House of Blues a Cleveland, ho sentito che è un grande
posto in una vera “Città del rock”. Non riesco proprio a non pensare a un
certo film ma farò del mio meglio per non dirlo. “Hello Cleveland” sarà la
prima cosa che dirò quando sarò sul palco.
…Joey»
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